UN FUTURO SOSTENIBILE

UN FUTURO SOSTENIBILE

superando l’incertezza

I momenti di crisi costituiscono l’humus ideale per la nascita e lo sviluppo di nuove idee. Così chiosava Albert Einstein: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni perché genera progressi”. Autorevoli voci invitano a ritornare alla normalità dopo aver superato la pandemia. In effetti l’esperienza di questi ultimi tempi ha evidenziato la difficoltà di gestire l’emergenza con le normalità di cui disponevamo: normalità delle strutture sanitarie, dei comportamenti, dei sistemi di comunicazione, delle abitudini, delle procedure che non hanno saputo sopperire ad una rapida diffusione dell’epidemia. Di Vincenzo G.G. Mennella

La tentazione di ritorno al passato e la nostalgia della normalità è stata talmente forte da indurre il sociologo Zygmunt Bauman in una recente opera “Retrotopia” ad evocare l’idea di una età della nostalgia nella quale il futuro è demonizzato ed è affrontata un’opinabile rivalutazione del passato.
Da qualche anno la sostenibilità è diventata a buon diritto la meta da perseguire, ma il percorso verso un futuro sostenibile è lungo e complesso. Tutti si stanno domandando come sia possibile continuare a soddisfare i bisogni della generazione attuale senza compromettere la capacità di quelle future di fare altrettanto. Cambiare è la parola d’ordine.
La crisi economica che a partire dagli anni 90 ha fatto diminuire i livelli di benessere collettivo, il diffondersi dell’instabilità politica in tutto il mondo, il cambiamento climatico in corso e la pandemia che continua a mietere vittime rendono il cambiamento urgente e indifferibile. Il cambiamento tuttavia può essere affrontato solo con un fortissimo sforzo sia personale che collettivo.
Resisterà al cambiamento chi ha acquisito un forte controllo sulla trasformazione digitale, e quelle società che attraverso una attenta pianificazione, formazione e incentivazione saranno in grado di stimolare la crescita culturale e tecnologica dei lavoratori di domani e far progredire le capacità tecnologiche dei lavoratori di oggi, che dovranno sempre più garantire una qualità e rapidità di servizi forniti al pubblico.
A queste forze si dovranno contrapporre soggetti impegnati a produrre nell’interesse generale fra cui i giovani che chiedono maggiore voce e una svolta ambientale, le donne che conciliano famiglia, lavoro ed interessi di genere con obiettivi sociali, imprenditori pronti a impegnarsi sulle produzioni verdi, dipendenti pubblici. Occorrono inoltre investimenti in centri di conoscenza del sistema pubblico come Università: promuovere e valorizzare il loro impatto sociale con riguardo all’accrescimento dell’accesso agli studi, al trasferimento di conoscenze, alla consapevolezza culturale e scientifica della popolazione, alla formazione dei dipendenti pubblici.
Scuole: La crisi ha evidenziato l’importanza dei metodi d’insegnamento e della funzione nell’organizzazione della vita familiare, ma anche della necessità di una profonda ed attenta revisione della metodologia educativa che sappia rapportarsi all’inevitabile cambiamento avvenuto negli ultimi anni. È l’occasione per riconoscere il ruolo degli insegnanti nella nostra società e per strutturare percorsi educativi innovativi che sappiano stimolare ed evidenziare le menti del futuro.
Gestione delle risorse digitali: accelerare la trasformazione digitale sviluppando piattaforme e assicurando un governo verificabile dei dati.
Accrescere la libertà dei giovani nel costruirsi un percorso di vita per contribuire al futuro del paese.
I leader di tutto il mondo che hanno la responsabilità di programmare il nostro futuro dopo due settimane di discussioni a Glasgow hanno trovato solo all’ultimo momento un accordo “Glasgow Climate Pact” che contiene le linee guida perché il pianeta rispetti l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale di 1,5 gradi entro il 2100 rispetto ai livelli preindustriali. Il riferimento alla fine del carbone è stato ammorbidito “intensificare gli sforzi verso la riduzione del carbone senza sistemi di cattura e la fine dei sussidi ai combustibili fossili inefficienti. Un riconoscimento politico della necessità di un maggiore sostegno ai paesi vulnerabili per affrontare gli impatti climatici devastanti, sebbene non si sia deciso nulla circa la disponibilità dei finanziamenti, decisione rimandata alla prossima Cop in Egitto. Qualche accordo settoriale è stato raggiunto contro la deforestazione. 100 paesi promettono di fermare questo fenomeno entro il 2030 ed hanno stanziato 20 miliardi di dollari per promuovere politiche contro la deforestazione.
Appare come un fallimento completo. Mi piace riportare quanto detto dall’attivista ugandese Vanessa Nakate: ”Non possiamo adattarci alla fame. Non possiamo adattarci all’estinzione. Non possiamo mangiare carbone. Non possiamo bere petrolio”. Il segretario dell’ONU Antonio Gutierres: “Il risultato della Cop 26 è un compromesso che riflette gli interessi, le contraddizioni e lo stato della volontà politica del mondo di oggi. È un passo importante ma non basta. È ora di entrare in modalità di emergenza. La battaglia per il clima è la battaglia delle nostre vite e quella battaglia deve essere vinta”.