Trentuno i giorni, a casa da sola. Quaranta e uno la febbre. Ottantotto la saturazione minima. Otto i chili persi, e questo devo dire è il numero più bello legato alla mia esperienza con il Covid-19. Adesso scherzo su quell’essere che si è preso gioco di me, delle mie precauzioni e della mia spavalderia, perché di sicuro a marzo qualcosa devo aver sbagliato. Ma allora non ridevo molto. Sono stata molto male, non posso dire di aver avuto paura di morire, anche quando mi sentivo mancare il fiato. Credo che tutti noi, quelli malati a marzo intendo, non avessimo ben chiaro cosa sarebbe potuto succedere. Codogno e Bergamo erano città lontane, e ci sembrava che forse qui in Piemonte la situazione fosse migliore. Poi i numeri ci hanno smentito, quelli esterni dei contagi e quelli interni dei malati. La febbre che non passa, il medico che ti deve curare da lontano, e il mio medico Aldo Alpa lo ha fatto benissimo, quelli del saturimetro che alla fine usi quasi in modo ossessivo. Poi dopo 31 giorni tutto torna alla normalità. O almeno lo credi, ma non è così. Devi recuperare la fiducia in te stessa e quella degli altri, di qualche amico e degli sconosciuti che quando dici: “sì l’ho avuto” qualcuno fa un passo indietro. Adesso dopo tanti mesi, io indosso ancora la mascherina, e sono io a dire agli altri: stammi lontano, almeno un metro, per il bene nostro e di chi abbiamo a casa che ci aspetta. (Antonella Mariotti / Giornalista de “La Stampa”)