Quando abbiamo diementicato come si legge…

Quando abbiamo diementicato come si legge…

SOCIETÁ

Tutti crediamo di saper leggere, di riuscire a distinguere il senso delle catene di parole che scorrono come sottotitoli veloci e scarni sulle pagine del nostro quotidiano, spesso guidati da “titoloni” fatti a mo’ di pubblicità, il cui unico fine editoriale è di attrarre la nostra attenzione per indurre la nostra mente a comprare i prodotti che le parole ci propinano. Di Caterina Eusebio

Ma è proprio vero che “sappiamo leggere”? In quest’era dove il nullismo la fa da co-protagonista mentre cerca, paziente, di scalzare l’attore principale, ove i molti fanno eco ai pochi senza aggiungere niente di nuovo, ed i pochi preferiscono ritirarsi e tacere, certi, dopo vari tentativi, di non venir compresi.
Forse, miei cari Lions, non sappiamo più leggere: abbiamo smesso di farlo, rinunciandovi nel momento in cui abbiamo voltato la testa verso un’altra parte, fatta di illusioni e di quisquilierie, di autocelebrazioni, alla ricerca “dell’autostima”, termine di cui la cattiva psicologia ci ha riempiti gli ego e di cui, ad oggi, fatico ancora a coglierne i frutti o, meglio, i fiori del significato\significante.
Leggere significa distinguere, intelligere, quindi capire… ma capiamo? Quanti di noi capiscono? Oppure, come facciamo spesso, per istinto di nobile pigrizia o per stanchezza o inedia, lasciamo che le parole ci scorranno dinanzi agli occhi come rugiada del mattino sui petali di un fiore stanco della notte fredda, persi, vaghi, semi privi di emozioni, quali dimentichi prigionieri degli spazi irreali e virtuali di chi ci vuole così: greggi lente ed inespressive guidate da pastori fanciulli ed ignoranti che giocano con le nostre vite e le nostre libertà, disarmati di fronte agli eventi che il reale, il concreto ci mette avanti.
Se leggessimo veramente… Se, giorno per giorno, educassimo le nostre menti alla disciplina dell’intelligo e del distinguo che fan della lettura un’interrogazione continua delle nostre conoscenze sedimentate e, le eccitassero mettendole in crisi, allora forse potremmo dire di essere sulla buona strada nella ricerca della nostra dignità dell’essere, lontani dal continuare ad esser fruitori imbelli di volontà altrui. Se sapessimo leggere, ci sentiremmo meno banali, i nostri articoli sarebbero meno uguali nei significati, più interessanti e ci farebbero riflettere sulle inezie cui il quotidiano associativo virtuale ci riduce, subissati da cuoricini ed altre emoticon, per nulla degni dei primi graffiti delle caverne.
La diffusione di idee costruttive non è pubblicità, né avviene per slogan o citazioni diffuse di pezzi di sintagmi sparsi tra gli incontri di formazione o in power point dal sapore aziendale. Avete mai provato a fare un power point sul concetto di umanesimo attivo? Castrerebbe l’idea. Ciò che dobbiamo dare è l’esempio, quello che ci ispira e ci riporta a voler agire, quell’idea fertile che incontrando il pensiero lo sceglie come sposo per generare mondi di cui l’umanesimo ne è il sole.