Riccardo Tacconi
La mia prima esperienza con la ludopatia risale al periodo in cui ero direttore della Fondazione Caritas di Vigevano. In quell’occasione istituimmo un gruppo di lavoro per affrontare il problema e, attraverso gruppi di auto-aiuto coordinati da psicologi, offrire supporto a chi cercava di uscire dal tunnel nel quale era entrato, più o meno inconsapevolmente, e dal quale non riusciva a liberarsi. Mi si aprì davanti un mondo che mai avrei creduto potesse esistere: toccando con mano la realtà, rimasi colpito da quanto fosse complesso il ginepraio in cui queste persone si erano ritrovate. Il gioco d’azzardo aveva travolto la loro psiche con convinzioni assurde e illogiche, spingendoli a perseverare, nonostante ogni evidenza matematica e statistica, in comportamenti che li conducevano alla rovina economica e sociale, coinvolgendo nello stesso destino anche le loro famiglie e tutti coloro che erano loro vicini.
Ma cos’è la ludopatia? Il dottor Ivan Giacomel, psicologo di comunità e per progetti su tossicodipendenze e gioco d’azzardo, coordinatore del gruppo di lavoro Psicotraumatologia e Crisi Umanitarie dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, ce ne parla così: «Ogni tipologia di dipendenza è contraddistinta da desideri irrefrenabili e meccanismi anormali, che comportano conseguenze negative, scaturite dalla sollecitazione riguardante determinate aree cerebrali, adibite al funzionamento del cosiddetto “sistema di ricompensa”. La persona dipendente dal gioco d’azzardo tende a pensare continuamente ai metodi da mettere in atto per vincere somme sempre più elevate; egli è mosso dalla convinzione di non avere alcun problema, minimizzando gli effetti della dipendenza, nonostante arrivi a chiedere continuamente soldi in prestito a familiari e conoscenti. Nel peggiore dei casi il soggetto vende i propri beni in modo inconsulto o addirittura commette atti criminali, pur di guadagnare cifre necessarie al gioco».
Una volta dentro questa spirale, cosa accade?
«Le conseguenze socio-economiche possono essere distruttive: intaccano le condizioni di salute e benessere della persona dipendente e di coloro che lo circondano, poiché sono implicate gravose problematiche familiari riguardanti non solo la questione economica, ma anche grandi squilibri emotivi e relazionali: inganni e bugie, stati depressivi causati dalle perdite, incapacità di autocontrollo, elevato stress».
Perché, nonostante tutti questi aspetti negativi, il ludopatico non riesce a sottrarsi al gioco?
«Il gioco d’azzardo rappresenta per il ludopatico la via favorita verso una ricompensa temporanea, estremamente sfuggente, a cui si rivolgono tutti gli sforzi possibili, in modo sfiancante e frustrante. Non ci si riesce a liberare, perché resta accesa quella piccola e agognata speranza di vincita, successo ed eccitazione che il gioco genera».
Sentite queste premesse, abbiamo chiesto un parere a una giovane laureata in psicologia clinica, la dottoressa Valeria Scainelli, già stagista presso il Centro di Clinica Psicoanalitica di Pavia di Jonas Italia, ottenendone un quadro da valutare con la massima attenzione e, perché no, anche un aiuto per non cadere nella rete.
La ludopatia è una dipendenza comportamentale?
«Sì. Coinvolge i circuiti cerebrali della ricompensa, analoghi a quelli attivati dalle dipendenze da sostanze. Pur non prevedendo l’uso di sostanze, comporta un incontrollabile impulso a giocare, con gravi conseguenze personali, sociali ed economiche per gli individui».
Quali sono i suoi impatti?
«La ludopatia ha impatti profondamente negativi sulla vita dell’individuo e di chi gli sta accanto. A livello psicologico può comportare disturbi d’ansia, depressione, isolamento sociale e pensieri suicidari. Le relazioni affettive si deteriorano, portando a conflitti e rotture importanti. Sul piano economico può causare indebitamenti, problemi legali e perdita del lavoro. Anche la salute fisica ne risente, presentando trascuratezza di sé ed elevati livelli di stress».
Come ci si può difendere?
«Per difenderci dalla ludopatia è importante essere consapevoli di cosa sia e delle sue conseguenze. L’educazione e l’informazione su questo tema sono fondamentali per prevenire l’insorgenza del disturbo. Il riconoscimento dei primi segnali di allarme permette di intervenire tempestivamente, rivolgendosi a centri specializzati o a professionisti della salute mentale».
È possibile uscirne?
«Sì, ma richiede supporto e una forte motivazione al cambiamento. È importante riconoscere il problema e sapere come e a chi chiedere aiuto. Percorsi psicoterapeutici individuali o di gruppo sono molto efficaci e vengono spesso associati a interventi familiari. In alcuni casi possono essere necessari supporti farmacologici. Fondamentale è ricostruire una rete sociale sana e imparare strategie per la gestione delle ricadute».
Il quadro non è dei più entusiasmanti. Forse si fa prima a smettere di fumare che a smettere di giocare.
«Qualcuno dirà che il gioco aiuta lo Stato con le sue entrate, non dimenticando che, secondo i dati più recenti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nel 2023 il volume complessivo del gioco legale in Italia ha superato i 136 miliardi di euro. Si tratta di una cifra considerevole che posiziona l’Italia tra i Paesi europei con il maggior gettito fiscale proveniente dal gioco. Purtroppo non esiste una quantificazione, invece, dei costi sociali, che senza dubbio sono più alti».
Considerato tutto ciò, i Lion cosa possono fare?
«Senza dubbio azioni di prevenzione, con service d’opinione, conferenze e dibattiti: prevenire, in questo caso, è molto più facile e più semplice che curare».