LEADERSHIP DIFFUSA un antidoto alla sindrome del faraone

LEADERSHIP DIFFUSA un antidoto alla sindrome del faraone

L’espressione spagnola Todos Caballeros” è una frase che sarebbe stata pronunciata da Carlo V durante una visita ad Alghero avvenuta tra il 7 e l’8 ottobre del 1541. L’episodio è famoso. Nel 1541 ad Alghero, terra catalana, Carlo V – il sovrano sui cui domini non tramontava mai il sole – dovette affrontare una folla vociante, raccoltasi sotto la sua finestra che chiedeva titoli e onorificenze per i servigi prestati al Sovrano. Pressato com’era da impegni, se la cavò con un sintetico quanto efficace annuncio: “Estad todos Caballeros”, nomino tutti cavalieri. Questo per dire che la vera leadership condivisa non è un “todos Caballeros” come potrebbe sembrare, ma un qualcosa di più complesso. Di Antonio Marte
La leadership diffusa o condivisa è un recente modello organizzativo del lavoro di un’organizzazione progettato dall’imprenditore americano Brian Robertson – autore del libro “Holacracy: The new management system for a rapidly changing world” – in cui non ci sono capi ma solo colleghi e senza che nessuno abbia un livello gerarchico superiore all’altro: l’holacracy, neologismo coniato dallo stesso Robertson.
Da questo identikit emerge l’idea di una leadership collaborativa, empatica, condivisa e, soprattutto, dinamica e flessibile, in quanto aperta ai cambiamenti e capace di adattarsi ad essi. In questa prospettiva, ovviamente, non può più continuare ad esistere la figura del leader come singolo al vertice dell’organizzazione, ma sorge la necessità di condividere oneri e onori del comando tra più collaboratori, in un’ottica continua di confronto e dialogo.
Da qui la definizione di leadership diffusa, nella quale il leader è chiamato ad abbandonare il vertice del potere, in favore di una posizione più simmetrica rispetto ai collaboratori, follower, che si esplica proprio nella condivisione di responsabilità, decisioni ed esperienze. In questo senso, i leader per diventare ‘diffusi’ dovranno, come la fenice, rinascere dalle vertigini verticistiche e volare verso la dimensione spirituale del coaching, in una perfetta integrazione tra leader e follower (cfr Followership. La faccia nascosta della Leadership, Lion dicembre 2022).
La ricerca e la scelta di modelli gestionali in una associazione di servizio a carattere planetario come la nostra, non è un esercizio sterile perché in molti contesti può rappresentare uno stimolo a reali miglioramenti delle performance ma soprattutto a possedere un ventaglio di modelli che in alcune condizioni e con leader e follower adeguati possono rappresentare la soluzione giusta. Tra questi la leadership condivisa è uno degli approcci che offre grandi prospettive di crescita collettiva. L’idea innovativa, anzi rivoluzionaria, della Olocrazia parte dal presupposto che nel corso degli ultimi secoli la stragrande maggioranza delle persone ha sempre pensato che il nostro attuale sistema politico sia il risultato di un’attenta elaborazione di stampo liberale e che sia stato creato per il bene comune, ma, in verità, spesso, l’attuale sistema degenera verso “Oligarchie travestite” che perseguono e tutelano solo interessi particolari.
Certo, l’ approccio ad una leadership condivisa che poi è la realizzazione di una followership matura è probabilmente un obiettivo non facile da realizzare. Il rischio più insidioso è che l’accettazione del principio più che una responsabilità condivisa sia scambiato col “todos caballeros” che ne svuota il valore e ne inficia l’efficacia. La leadership diffusa è un cambiamento radicale di paradigma che si contrappone all’idea di leadership (con un leader unico) a cui tradizionalmente siamo abituati. In questa nuova prospettiva non esiste più la figura del leader tradizionale, ma emerge l’idea di una leadership diffusa, che in questo modo risulta essere più flessibile nella risposta al cambiamento, ma anche più capace di attirare e trattenere i talenti, che si sentono più valorizzati e coinvolti. I team che implementano la leadership condivisa hanno anche uno scopo condiviso. Ciò significa che ogni persona nel gruppo comprende gli obiettivi o gli obiettivi verso cui il team lavora ed è proattivo nell’adottare misure per raggiungere tali obiettivi. La leadership condivisa può non essere efficace in un team senza uno scopo condiviso, perché diversi membri del team possono lavorare verso obiettivi o scopi diversi. Il leader diffuso non dovrà quindi solo guidare ma soprattutto motivare e valorizzare i pregi dei singoli collaboratori passando dall’attuale sistema operativo a piramide a quello a cerchi nel quale non esisterà più il ruolo subalterno. Questo permetterà alle persone di sentirsi libere di dare il loro contributo e di esercitare il loro spirito di iniziativa a seconda della situazione e del compito richiesto. In questo modo, grazie alla leadership diffusa, si può essere sia leader in un momento che follower in un altro. Essa richiede una grado di maturità del leader, di autentica cultura gestionale da prefigurare, portata all’estrema realizzazione, alla cosiddetta “scomparsa del Leader” (Silent Leader anglosassone), ovvero alla creazione di una leadership cosi condivisa da funzionare autonomamente sia nel perseguire gli obiettivi che nel realizzarli con poco o nulla presenza del leader che, vigile, rimane in ombra ma ottiene risultati brillanti.
Da ciò si comprende come la strada della leadership diffusa sia ancora tutta in salita, ma anche quanto possa ancora cambiare la gerarchia delle organizzazioni (no profit e non) del ventunesimo secolo, grazie alle ricche e innovative potenzialità che ne sono insite. Infatti, la continua esigenza delle aziende di adattarsi ai cambiamenti crea nel capo il bisogno di un costante e continuo confronto con i colleghi, con diverse realtà organizzative e culture imprenditoriali, condividendo esperienze, idee, decisioni e responsabilità. In quest’ottica si auspica una maggiore accettazione di questo modello di leadership, in quanto si è oramai consapevoli che proprio nel dialogo e nel continuo confronto tra le parti siano da ricercarsi le soluzioni migliori.
Questo innovativo e moderno modello gestionale presuppone ovviamente anche la scomparsa del culto della personalità e della sindrome del Faraone in cui molti di noi, mai ammettendolo, spesso cadono. Realizzare un qualcosa di duraturo che al di là del ruolo li tenga in gioco. Si tratta purtroppo spesso di piramidi di sabbia che si dissolvono nel breve periodo lasciando l’aspirante Faraone deluso e convinto di non essere stato capito. Invece basta prendere atto che vi è un tempo per tutto (Ecclesiaste 3,1-11).
Foto di Ronald Carreno da Pixabay.