TERZA PARTE
Nel lionismo si può fare squadra e si può apprezzare il gusto della sfida, quella vera, che, a volte, si tramuta in fatti concreti per gli altri. Nel lionismo il rapporto tra i soci si basa sul rispetto reciproco e quel rispetto reciproco rafforza l’amicizia tra i componenti. Nel lionismo ci sono numerosi “fiori all’occhiello” di portata nazionale e la nostra fantastica LCIF mondiale e i Lions aiutano milioni di persone in stato di bisogno in Italia e nel mondo. Peccato che alcuni di noi abbiano una visione distorta della nostra associazione, altri sappiano solo dire “se”, “ma” o “forse”, altri ancora partecipino poco, o trasmettano all’esterno un’immagine sbagliata del lionismo. Più pregi che difetti, quindi. Leggiamo un altro parere…È utile e necessario ridiscutere alcuni obiettivi specifici che intendiamo perseguire e sottoporre a un’attenta disamina gli strumenti e i modi operativi che utilizziamo per raggiungerli. Solo rispondendo a questi interrogativi cogenti saremo in grado di definire linee strategiche e scelte organizzative più adeguate ed efficaci al nuovo e più in sintonia con i mutati bisogni che la società ci fa presente in maniera sempre più pressante.Spesso sentiamo dire che il mondo esterno è cambiato, ma facciamo finta di non capire che il mondo esterno siamo sempre noi e che con esso dobbiamo misurarci e dobbiamo tentare di farlo con umiltà, con la consapevolezza della difficoltà di poter incidere sulle scelte evolutive della società, sull’effettiva possibilità di governarle o più semplicemente di condizionarne gli sviluppi.Sotto il profilo associativo ci sono più motivi, non tanto di preoccuparsi del futuro quanto invece di occuparcene senza sollevare allarmi, ma soprattutto senza eccessivo compiacimento. Non faremmo simili ragionamenti se non toccassimo con mano i segni di una stanchezza associativa, se non notassimo una perdita di spinta e qualche difficoltà ad avviarci su strade nuove e più coinvolgenti.È normale che ciò accada, ma dobbiamo porre grande attenzione su eventuali segnali di crisi, ben sapendo, che lo sforzo di decifrare questi è tanto più forte quanto è minore la capacità interpretativa degli schemi teorici del passato. In questo processo scopriremo una novità alla quale dovremo dedicare grande attenzione perché tocca direttamente la nostra esperienza associativa. La modalità tipica con la quale ciascuno di noi manifesta il proprio dissenso e indirettamente i propri bisogni nel rapporto con gli altri è del tipo che, per capirci definiremo: voce/uscita. La voce è andata velocemente perdendo forza a favore della seconda, l’uscita. Comprendiamo, allora, il fortissimo bisogno di rassicurazione che si esprime con un’esigenza un po’ esasperata di fidelizzazione. Dobbiamo affrontare la questione dirimente: “se e come”, oggi, con i cambiamenti intervenuti nella società possiamo ancora identificarci con il codice di comportamento lionistico, con le proposte di servizio che connotano la nostra associazione, con le ritua-lità che caratterizzano i nostri incontri.È indubitabile che sia necessario rivedere alcuni aspetti sostanziali dell’organizzazione. Sarebbe oltremodo presuntuoso pensare il contrario perché, immaginando una stabilità di valori e di comportamenti che, di fatto, non ci sono non saremo in grado di mantenere il contatto con la società e la sua comprensione. Si può, ed è legittimo riaffermare di credere in alcuni principi essenziali e perseguirli così come loro sono. È legittimo farlo, ma ciò che importa veramente è la capacità di comprendere il crescente grado di scostamento dei comportamenti sociali dall’idealità. Ciò comporta una oggettiva crescente difficoltà a mantenere la rotta associativa precedentemente definita e allora indirizziamo la nostra ricerca sulla base dell’essere anziché sul dover essere, cioè su quello che gli uomini sono e non su quello che dovrebbero essere. Non vorremo sentire ciò che già il filosofo Baruch Spinoza scriveva riferendosi ai filosofi e ai teorici della politica: “Essi credono di fare opera divina e di raggiungere il colmo della saggezza ogni volta che riescono a dire tanto bene di una natura umana che non esiste affatto e a dir male invece di quella che realmente esiste. Il fatto è che essi concepiscono gli uomini non così come sono, ma come essi vorrebbero che fossero”. Scritto che ci induce alla comprensione della realtà e non al giudizio. Adriano Stefani / Coordinatore del service nazionale “Le 4 R… per salvare l’ambiente” del Distretto 108 Ib2
Il parere di altri 73 soci lo trovate sui numeri di novembre (pagine 61-66) e dicembre (pagine 33-42).