Abbiamo una bellissima frase che descrive sinteticamente lo spirito che anima i nostri club ed i nostri soci: “dove c’è un bisogno lì c’è un Lion”. Certo, sarebbe bellissimo se questo fosse vero sempre e ovunque nel mondo. Ma l’intenzione e la volontà di tutti gli iscritti è proprio quella, fin dal momento in cui l’associazione venne fondata. Di Luciano Scarpitti
È con uno spiccato spirito umanitario che sono nati club in ben 212 nazioni di tutti i continenti e ne abbiamo numerosissime prove. Ma anche i Lions stanno cambiando, insieme all’evoluzione sociale delle nazioni.
Si è messo in moto un processo di sviluppo concettuale e, direi, quasi filosofico, che sta modificando il punto di vista generale dei club e degli iscritti e che inevitabilmente por-terà a dei cambiamenti nell’atteggiamento delle persone, soprattutto nei confronti delle istituzioni. Ovviamente, il fine solidaristico non verrà mai abbandonato perché, oltre ad essere scritto nell’atto costitutivo dell’associazione inter-nazionale, è insito nell’animo delle persone che danno vita alle infinite attività che si compiono, in favore di persone in difficoltà, ogni giorno, ogni anno, in tutto il mondo. Proprio tutte queste iniziative hanno creato la fama dei Lions come più grande multinazionale mondiale della solidarietà, oltre a rappresentare per la stessa ONU, fin dal 1945, elemento di dialogo e di confronto proprio sui temi umanitari.
Nel 2004 a Roma, a suggello dello spirito dell’associazio-ne, ci ricorda il PID Ermanno Bocchini, venne definita e sottoscritta dai Lions la “Carta Lions della Cittadinanza Umanitaria Europea”, che aveva come scopo statutario “creare e sviluppare uno spirito di maggiore comprensione tra tutti i popoli del mondo” senza alcuna distinzione di razza, di genere, di religione o di credo politico.
In quegli anni i firmatari credevano che gli aiuti umanitari fossero il traguardo ultimo; oggi è chiaro a tutti che gli aiu-ti umanitari non sono sufficienti. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno dimostrato che nessun paese è mai uscito dal sottosviluppo grazie agli aiuti umanitari. È indispensabile dare vita ad un processo virtuoso tra paesi ricchi e paesi poveri e questi ultimi devono impegnarsi in progetti auto-nomi di sviluppo umano, oltre che economico.
In tale ottica acquistano valore e vanno visti i nostri im-pegni in alcuni villaggi africani dove oltre un migliaio di bambini vanno regolarmente a scuola e dispongono di ac-qua potabile.
Ma i Lions non sono rimasti fermi a quei concetti fonda-mentali. Dalla “cittadinanza umanitaria” sono passati, con un ideale salto di qualità, alla “Cittadinanza Comunitaria”.
Cioè, hanno preso coscienza di formare comunità con l’in-tera umanità, insieme alla quale abitano il nostro pianeta, ed hanno maturato una forte convinzione che sia indispen-sabile migliorare l’ambiente naturale in cui viviamo. Tutti gli uomini hanno sfruttato abbondantemente le risorse che la Terra metteva a disposizione.
Oggi siamo arrivati ad un grado di sfruttamento eccessivo, tanto che viene messa in pericolo la nostra stessa sopravvi-venza. Probabilmente il pianeta stesso si sta ribellando alle nostre continue violenze ed il cambiamento climatico in at-to, che sia determinato dal comportamento dell’uomo o che sia ciclico naturale, ci sta dando un forte segnale di perico-lo. Ma sotto l’aspetto nazionale, i Lions formano comunità con tutti i cittadini. Non basta, quindi aiutare i pochi che si conoscono, occorre collaborare attivamente con le istitu-zioni pubbliche per riuscire ad aiutare i molti in difficoltà. Ed ecco che la “Cittadinanza Comunitaria”, così come è in-tesa dai Lions, rappresenta quella costruzione sociale capa-ce di non lasciare indietro nessuno e di garantire la libertà a tutti. In essa il lionismo diventa grande protagonista con il suo pragmatismo guidato dalla sua base etica. Altri aprono un ulteriore spiraglio sul futuro ruolo dei Lions. “Questi hanno tali e tante competenze – dicono – che possono essere percepiti non più come semplici risolutori di problemi, ma di stimolatori e propositori di cambiamento”. Insomma devono proporsi come “parte attiva della comunità”. E aggiungono che le istituzioni hanno sempre maggiore bisogno dell’aiuto di organizzazioni umanitarie e identificano così lo spazio per la “Cittadinanza attiva”.
Come definire il recente progetto del Multidistretto Italia de-dicato a “Lavoro, Famiglia e nuove Povertà” se non azione di Cittadinanza attiva? E come interpretare l’altro progetto, chiamato “New Voices”, messo in campo dal Multidistretto, che riguarda le attività di service dedicate ad ambiti rivolti ai giovani e alle donne? E con questi citiamo soltanto i più recenti. Qualcuno arriva ad ipotizzare, che sia necessaria an-che una trasformazione degli aiuti umanitari in investimenti umanitari che possono contribuire alla creazione di posti di lavoro. Il pensiero guarda sempre al futuro; è compito delle donne e degli uomini impegnati portarlo a compi-mento. Sarà necessaria anche una trasformazione orga-nizzativa dell’associazione.