Jìanus Korcczak, pedagogista polacco, scriveva: “Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi… ora avete torto. Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti… alzarsi sulla punta dei piedi…”. Di Antonio Dezio
Nella pratica medica pediatrica il rapporto relazionale con il piccolo paziente è molto difficile per cui spesso in molti casi viene scavalcato da un rapporto tra medico e genitore. In questo modo il bambino viene lasciato solo di fronte alla sua malattia.
Eppure, se andiamo a consultare la letteratura, troviamo che esiste un consenso diffuso sul diritto dei bambini di essere ascoltati, informati, coinvolti nelle decisioni che li riguardano.
Certamente usare un giusto linguaggio, percepire le emozioni e le paure del piccolo paziente, utilizzare tutti i mezzi possibili per coinvolgerlo e per responsabilizzarlo è la via giusta soprattutto per malattie croniche e gravi come quelle oncologiche.
Un mezzo importantissimo di comunicazione è il gioco, un mezzo con cui il bambino acquista fiducia nel mondo, si difende dall’angoscia e diventa creativo.
Il Centro di protonterapia dell’Ospedale dell’Azienda Provinciale per i servizi sanitari di Trento è specializzato nella cura dei tumori e utilizza come tecnologia innovativa un trattamento radiante di alta precisione. Durante il trattamento viene modellata e immobilizzata sul viso del bambino una maschera termoplastica e, in questo percorso, la collaborazione del bambino rappresenta un elemento essenziale ai fini del risultato. Per poter praticare tale trattamento è indispensabile instaurare un rapporto di fiducia e una partecipazione consapevole al percorso terapeutico e, perciò, presso tale Centro è stato realizzato un modello di approccio particolare: oltre a usare una particolare attenzione da parte del personale sanitario nella comunicazione attraverso linguaggi verbali e non verbali, sono stati utilizzati ausilii a supporto della comunicazione, quali l’utilizzo di camici colorati, giochi che riproducono le apparecchiature radiologiche e l’uso di un testo per l’infanzia, prodotto grazie alla donazione del Lions Club Trento Host, che racconta in modo metaforico l’esperienza di malattia facilitando l’adesione al percorso di cura del paziente e delle famiglie.
Il racconto è stato scritto da Alessandra Sartori ed è illustrato da Elisabetta Bernardi. Il protagonista è un bambino che per la terapia deve usare questa maschera particolare, fastidiosa, stretta sul viso. Viene proposto al piccolo, che non percepisce più i colori, un viaggio immaginario che lo porterà, attraverso varie tappe intermedie nei boschi, all’aquila in cima alla vetta che lo farà volare in alto nel cielo facendogli ritrovare i colori che non percepiva più e facendogli acquistare fiducia verso chi si prende cura di lui.
È sicuramente un ausilio comunicativo, frutto di osservazione, di ricerca e di attenzione verso questi bambini sfortunati e credo che questo libro possa essere un modello per altre pubblicazioni in un futuro prossimo che possano aiutare altri bambini affetti da patologie croniche.