La generazione touch ed il compito di Lions e Leo

La generazione touch ed il compito di Lions e Leo

Sui giovani circolano opinioni e convinzioni che non tendono certamente all’ottimismo. Così, a proposito della consistente disoccupazione giovanile c’è chi sostiene che molti non trovano lavoro perché non lo cercano: altri parlano di rifiuto in quanto non corrispondente alle aspettative; per altri ancora i giovani neppure lo cercano in quanto convinti che non esistono chance; non mancano infine quelli che parlano di una generazione priva di voglia e di fantasia; che attende l’occasione ma non si preoccupa di andarla a cercare o di inventarsi un lavoro diverso dal posto stabile e ben retribuito.
In queste affermazioni c’è molto di vero ma anche un pizzico di esagerazione. Sudare, soffrire, partire con prospettive non esaltanti, cominciare con un lavoro umile, sono caratteristiche che non collimano con il DNA di gran parte del mondo giovanile, anche perché infanzia ed adolescenza vengono quasi sempre vissute negli agi e nella comodità e la scuola non esige un’applicazione ed un impegno massimo.
Cosa possono dunque fare i Lions? Molto poco sul piano concreto, molto invece sul piano culturale. I nostri Leo invece potrebbero e dovrebbero costituire un veicolo importante perché la ”lezione” che potrebbero trasmettere si gioverebbe della maggiore capacità di coinvolgimento dovuta alla vicinanza generazionale.
Margareth Thatcher usava dire “la società non esiste, esistono gli individui”, nel senso che va evitata ogni generalizzazione e ciascuno è chiamato ad affrontare il proprio singolo problema. Se siamo ridotti male, la colpa è anche dei genitori e della scuola che hanno abdicato al proprio ruolo educativo e non sanno più coniugare concetti come impegno, rinunzia e responsabilità.