I Lions sono molto importanti

I Lions sono molto importanti

Intervista a Daniela Corsi, capo dipartimento emergenza Covid dell’Area Vasta 3, primario di rianimazione dell’ospedale di Civitanova Marche e socia e vice presidente del Lions Club Civitanova Marche Host. Di Giulietta Bascioni Brattini

Intervisto Daniela Corsi, in primissima linea anche durante la prima ondata della pandemia, per sentire la voce di un protagonista di questa dura battaglia contro il Covid-19. Daniela (nella foto) è uno dei protagonisti che meritano il nostro rispetto e la nostra ammirazione per quanto hanno fatto e stanno facendo per la salute di tutti noi. Rispetto e ammirazione che vanno tributati sempre, non solo nei momenti drammatici.

Come avete vissuto i primissimi momenti di questa pandemia, quando vi siete resi conto che l’emergenza Covid-19 era arrivata nella nostra realtà territoriale e non avevate tutti gli strumenti adatti, neanche a difendere gli operatori stessi?
Naturalmente eravamo impreparati, in più conoscevamo i limiti del servizio sanitario a seguito dei continui tagli, ma non ci siamo abbattuti, ci siamo organizzati e abbiamo cercato di dare il meglio.
Nel mese di marzo anche tu sei stata contagiata dal virus. Come hai vissuto questa difficile esperienza?
In doppia sofferenza. La prima legata ai disturbi della malattia stessa. La seconda per la consapevolezza che, vista l’immensa difficoltà a gestire l’afflusso dei malati, con la mia assenza veniva a mancare un’altra unità di lavoro.
Sei chiamata a servire su due fronti… Che vantaggi ci sono nella apertura, avvenuta il 25 ottobre scorso, del centro Covid di Civitanova Marche, previsto inizialmente come struttura di emergenza?
Avere questa struttura che tra l’altro è stata concepita molto bene, ci permette di lavorare in completa sicurezza e a strettissimo contatto con diverse discipline mediche. L’unico problema è che assorbe tanto personale.
Una domanda ricorrente, ma importante in questo momento critico: che differenze ci sono tra la prima e la seconda ondata…
In primo luogo in questa seconda ondata abbiamo avuto un netto miglioramento dell’assistenza territoriale con l’attivazione delle unità di continuità assistenziale (USCA); questo ha comportato un grande freno all’affluenza dei pazienti nei pronto soccorsi. In secondo luogo la stessa malattia si è presentata con un crescendo “Rossiniano”, vale a dire, nella prima ondata c’erano maggiormente pazienti da ricoverare nelle rianimazioni, ora sono per lo più pazienti di semintensiva che in parte passano in terapia intensiva.
A che punto siamo con il personale medico e infermieristico?
Il personale, purtroppo, in questi quattro mesi non ha subito alcun miglioramento numerico, pertanto li stiamo prendendo dagli ospedali, pur cercando di mantenere gli ospedali funzionanti per i pazienti non infetti e affetti da patologie gravi e con trattamenti improcastinabili, quali i pazienti oncologici. Il personale è nuovamente sottoposto a grossi sacrifici.
E a livello di terapie?
Nessuna novità, sono stati esclusi l’Idrossiclorochina e il Tacizumab, si riconosce l’uso del cortisone ed altre terapie off-label quali ad esempio il plasma.
Quanto è importante l’aspetto psicologico nel rapporto con i pazienti?
Molto. I pazienti, quando arrivano, sono molto spaventati e li dobbiamo supportare. Per quelli ricoverati, svegli, ci siamo muniti di tablet e cellulari per dare la possibilità di effettuare videochiamate con i propri familiari.
Quali sono i momenti più difficili del tuo lavoro?
Quando il centro regionale “Gores”, che coordina i ricoveri, ci chiede posti letto e non li abbiamo, ma dobbiamo comunque dare delle risposte.
Non si pensa abbastanza al rischio degli operatori quando si affronta con leggerezza la contagiosità di questo virus o quando, addirittura, lo si nega. Quanto pesa anche sulla famiglia, esposta a tanti disagi e rischi?
La famiglia deve essere un elemento di forza in quanto le nostre famiglie, sia per la nostra assenza che per lo stress che subiamo, hanno un ruolo importante di supporto. Per il rischio di contagio tutti noi ci siamo organizzati con percorsi all’interno delle proprie case che mettano il meno possibile a rischio i propri familiari. Alcuni di noi si sono anche trasferiti in altre abitazioni (seconde case per esempio).
Come medico lavori in modo ancora più diretto, generoso e direi anche coraggioso al servizio della comunità.
Sono obiettivi in parte comuni anche ai Lions. Quanto pensi siano importanti i Lions e, in generale, l’azione del terzo settore, soprattutto in una situazione di emergenza sanitaria, sociale ed economica come quella che stiamo vivendo?

Innanzitutto devo dire che sono molto orgogliosa di fare parte dei Lions, perché rispetta lo spirito per il quale ho scelto di fare il medico: essere utile agli altri. Ritengo che i Lions in questo momento, per la missione che svolgono, siano molto importanti. In un recente incontro con la Governatrice del Distretto si è appunto affrontato il discorso della collaborazione con il Banco Alimentare per dare supporto alle famiglie che, a causa delle ripercussioni economiche causate dalla pandemia, si trovano in seria difficoltà. Trovo quindi l’azione del terzo settore di massima rilevanza.