Francesco Pira
La diffusione di contenuti privati senza consenso, come accade nei casi di revenge porn, viola la privacy di molte donne. Le relazioni vengono estremizzate e diventano catalizzatori di abusi. Siamo di fronte a una sfida di portata globale, che può essere affrontata solo attraverso una rivoluzione culturale che coinvolga il mondo dell’informazione, l’istruzione e il sapere.
«Sembra impossibile trovare un qualsiasi aspetto della nostra vita che non sia stato influenzato dalla rivoluzione digitale […] Un numero crescente di persone vive sempre più diffusamente onlife. Il digitale “taglia e incolla” le nostre realtà. Questo ha completamente cambiato la natura dell’agire».
Questa riflessione del professor Luciano Floridi è fondamentale per comprendere la nostra idea di sé nell’era dei social network, perché vivere nella dimensione onlife significa vivere costantemente connessi.
È una prospettiva radicalmente diversa, che ci impone di riformulare il modo in cui analizziamo il ruolo dei media nello sviluppo della società: non più come strumenti, ma come spazi di negoziazione simbolica, espressioni tangibili del capitalismo digitale. In questi spazi è fondamentale comprendere opportunità e rischi per le donne in rete.
Molte donne utilizzano internet per informarsi, crescere professionalmente, accedere a corsi, forum e risorse, acquisire nuove competenze. In rete costruiscono e promuovono carriere, avviano iniziative imprenditoriali e si inseriscono in contesti di leadership. Influencer, blogger e attiviste riescono a ottenere visibilità e a influenzare l’opinione pubblica su temi come l’uguaglianza di genere, la salute e i diritti delle donne.
Negli ultimi anni sono nate numerose reti solidali. I social media e le community online permettono alle donne di connettersi e affrontare temi condivisi — maternità, lavoro, salute mentale, violenza — in modo anonimo e sicuro.
Ma se da un lato la rete offre grandi opportunità, dall’altro è fondamentale non sottovalutare i rischi connessi alla presenza online. I social network sono ormai il luogo prevalente di costruzione dell’identità: qui si definisce anche intimità, sessualità e genere. È un processo che spesso porta a un ripiegamento sull’aspetto corporeo, come se solo il corpo potesse definire l’io sociale e la nostra rappresentazione agli altri.
Il corpo femminile diventa così oggetto di violenza. Molestie online, cyberbullismo, body shaming e offese verbali sono solo alcune delle derive. Le donne — in particolare quelle più esposte pubblicamente — sono vittime costanti di hate speech, minacce fisiche o sessuali, stalking digitale.
Le piattaforme online, se mal gestite, possono rafforzare stereotipi, proporre modelli di bellezza irraggiungibili e diffondere contenuti sessisti. Gli algoritmi, infine, tendono a privilegiare contenuti polarizzanti, capaci di manipolare opinioni e comportamenti.
La diffusione non consensuale di contenuti privati, come nel revenge porn, è una delle espressioni più gravi di questa deriva. Le relazioni, anziché essere spazi di cura, vengono distorte e diventano terreno fertile per abusi.
Serve una rivoluzione culturale che investa l’informazione, l’istruzione, il sapere.
La vera sfida oggi è migliorare le politiche digitali per garantire uno spazio sicuro per tutte e tutti, con particolare attenzione ai diritti e alla tutela delle donne.