FACCIAMO<br>Tech Decluttering

FACCIAMO
Tech Decluttering


Rifiuti Elettronici / I Lions per l’ambiente e la salute
Facciamo pulizia in casa, troviamo un tesoro, salviamo i ragazzi di Agbogbloshie (Accra, Ghana). Il Congresso di Rimini ha lanciato Club a Impatto Zero per il recupero e il ricondizionamento di smartphone e rifiuti dell’industria Hi-Tech. Un regalo al nostro spirito e al clima di tutti. DI PIERLUIGI VISCI

Il leggendario El Dorado dei cercatori d’oro del XIX secolo, ora, ce l’abbiamo in casa, senza saperlo. È nei nostri telefonini. Pensate: in una tonnellata di terra ci sono 0,5 grammi del prezioso metallo, anche 4-5 se particolarmente ricca. In una tonnellata di apparecchi elettronici dismessi – i nostri più fedeli compagni di vita, ormai – la media è di 350 grammi. Ottanta volte di più rispetto alle più redditizie miniere. Se l’avesse saputo il mio trisnonno, che a metà dell’800 lasciò le montagne d’Abruzzo per finire nel gelido inferno dell’Alaska, travolto come milioni di persone di tutto il mondo dal miraggio della mitica febbre dell’oro. L’abbiamo visto al cinema, nelle pellicole sul rude Far West. Per noi due ore di spettacolo seduti sul divano di casa, per quel popolo di affamati la tragedia di una generazione perduta, la prima, in tempi moderni, impegnata in migrazioni di massa, faticose e letali ieri come oggi.
Su questo tema, nell’annata 2023-2024, i Lions, nel Congresso nazionale dello scorso maggio, hanno deciso di promuovere il service “Club a Impatto Zero”. Un service nazionale con un grande obiettivo, salvare l’Ambiente, attraverso due strumenti: Piantiamo Alberi e Ricicliamo Smartphone. Il Congresso di Rimini, con nostra grande soddisfazione, è partito dalla campagna Tre Alberi per Salvare il Pianeta della rivista LION e dalla sua immediata evoluzione del Bosco Diffuso Lions, con l’obiettivo comune di coinvolgere i nostri Club (quasi 500 quelli che hanno già aderito) per mettere a dimora 100 mila alberi in Italia e 15 milioni nel mondo. Il secondo strumento, è quello del recupero dei telefonini, ma anche di tutto il corollario elettronico che popola (e condiziona) la nostra quotidianità, in primis tablet e pc di ogni genere e dimensione. Tutto quanto definito nella categoria 4 (di 5) della normativa Raee: rifiuti elettrici ed elettronici.
Quando il Direttore di Lion mi ha proposto di scrivere un articolo sui cellulari da riciclare, francamente, sono rimasto perplesso. Leggendo e approfondendo, ho capito: il tema è enorme, anche affascinante, con implicazioni vastissime di carattere sociale, sanitario, scientifico, criminale. E naturalmente ambientale. I direttori, insomma, conoscono le cose prima e bene, e, se non conoscono, intuiscono. Come le organizzazioni criminali che sfruttano senza scrupoli di sorta il business dei rifiuti elettronici in tutto il mondo. Organizzano immensi e lucrosi traffici dal ricco Occidente alle miserabili periferie del Ghana o della Nigeria. Governano la fame di bambini di 8-10 anni, ma anche di derelitti di 30-35 anni, che dall’alba al tramonto, a mani nude, tra cumuli di immondizie, smontano pezzettino dopo pezzettino i nostri device divenuti e-waste o weee. Da noi Raee. Quei paria della Storia, quegli “scarti” dell’Umanità, come direbbe Papa Francesco, recuperano plastiche e metalli preziosi, poi distruggono tutti i materiali inutilizzabili accendendo falò di pneumatici abbandonati nello squallore del luogo, immersi loro stessi nei rifiuti diventati diossina. I più bravi di noi li avevano portati (conferire è il termine corretto) nelle discariche comunali, i più numerosi, quelli che se ne fregano dell’ambiente e della salute, li abbandonano dove capita, senza rispetto alcuno.
Ci piace pensare, per carità di coscienza, che ignorano che attraverso strani giri arriveranno a Agbogbloshie, suburbio di Accra. Un paese nel paese, la più grande discarica a cielo aperto dell’Africa, popolata da 40 mila disperati. Nel loro sangue albergano livelli troppo elevati di piombo, alluminio, rame e sporcizie simili. Non lo sanno, ma sono condannati a morte certa e rapida. Non dovremmo ignorare, invece, che il traffico di rifiuti pericolosi è un crimine da sempre denunciato, riproposto da giornali e tg, vietato dalla coscienza collettiva e dalle regole internazionali della Convenzione di Basilea e che i materiali preziosi recuperati dai ragazzini del Ghana, sempre attraverso giri tortuosi e speculativi, tornano in Occidente e alimentano il grande business del riciclo. E della rigenerazione (si dice ricondizionamento) dei rifiuti elettronici. E qui siamo tutti colpevoli. Perché sappiamo.
Quello degli smartphone (segmento importante dell’industria Tech) è l’affare del Terzo millennio, con una esplosione di vendite che ha segnato il primo ventennio del XXI secolo. Dal 2020, tuttavia, in coincidenza con la pandemia da Covid, le vendite hanno fatto registrare una sostanziale contrazione: il mercato mondiale è sceso dell’8%. La sudcoreana Samsung, primo produttore globale, ha perso in Europa il 16% di vendite (1 milione e 600 mila smartphone), più pesanti le cadute dei produttori cinesi (Xiaomi, Wuawei, Oppo), giù anche del 50%. Nella top ten del Vecchio Continente regge Apple che grazie all’iPhone 14 è addirittura cresciuto di un punto percentuale. Vendono bene soprattutto i prodotti premium, da 800 dollari in su, tanto da consentire a Cupertino di conquistare il 50% del mercato indiano a scapito di Samsung e dei cinesi. Una corsa a parte, tra i super ricchi, è quella di Falcon che produce il cellulare più costoso di sempre, l’iPhone 6: scocca in oro 18K e un grande diamante rosa incastonato sul retro. Prezzo: 48,5 milioni di dollari. Segnano il passo i prodotti di fascia medio-bassa a conferma delle difficoltà (inflazione, disoccupazione) dei ceti più popolari. Quella dei produttori di cellulari è una giungla di marchi: ne abbiamo contati almeno 28 tra quelli presenti nelle graduatorie di vendite, tra cui quattro italiane: NGM, Olivetti, Onda Mobile e Stonex.
Global 2000 di Forbes segnala che nel 2022 le Big Tech in graduatoria sono diminuite da 177 a 164. Anche le aziende tirano le cuoia, proprio come i cellulari sfruttati. Queste multinazionali si dividono un fatturato di 4.400 miliardi di dollari contro i 3.300 del 2021. Nella top ten mondiale per fatturato, sette sono statunitensi: Apple, Alphabet (Google), Microsoft (primi tre posti), poi Meta e Intel (sesta e settima), Cisco e IBM (nona e decima). Ci sono poi la Samsung (quarta), la cinese Tercent Holding (quinta) e la Taiwan Semiconductors (ottava).
Il riflusso della telefonia mobile spinge – ragioni etico-ambientaliste, ma anche economiche – il mercato dei cellulari ricondizionati. Anche qui, a farla da padrone, è la Mela di Cupertino, che detiene la metà del mercato degli smartphone ricondizionati, con Samsung al 20%. La crescita dei pezzi spediti è del 5% globale, contro il meno 11% dei nuovi. È merito di Apple di avere investito per limitare la produzione di rifiuti elettronici e contenere le attività estrattive, che spesso hanno operato con danno dei lavoratori delle miniere di cobalto o del già citato sfruttamento dei disperati del Ghana. Così è nato Daisy, un robot in grado di smontare e recuperare rapidamente dai vecchi iPhone quei materiali che altri impianti di riciclo non sarebbero in grado di processare. Specialmente tungsteno e terre rare. Daisy può disassemblare 15 modelli diversi di iPhone al ritmo di 200 pezzi l’ora. Nel primo anno di attività ha smontato 1,2 milioni di apparecchi. Le batterie vengono riutilizzate per costruire nuovi accumulatori. Ed è così che, già nel 2018, Apple ha potuto ricondizionare 7,8 milioni di dispositivi, togliendo dalla circolazione 48 mila tonnellate di rifiuti elettronici. L’alluminio utilizzato per costruire i McBook è riciclato al 100%. Anche per le saldature delle schede logiche principali viene utilizzato stagno riciclato, diminuendo l’estrazione.
Anche in Italia, su questo fronte, ci sono lavori in progress. È in corso di attuazione il Programma Portent di Enea per il recupero dei materiali da telefoni a fine vita. Il punto di partenza sono le 63.849 tonnellate di rifiuti elettronici, pari al 22% di tutta la raccolta differenziata nazionale di un anno, che il nostro Paese smaltisce inviando i rifiuti nel Nord Europa. Paghiamo lo smaltimento e consentiamo ad altri Paesi di recuperare materiali preziosi (oro, argento, palladio, rame e terre rare, che hanno un valore di 14 mila euro a tonnellata. Dilapidiamo risorse enormi.
Il 97% degli italiani tra 16 e 64 anni – secondo l’indagine Digital 2022 Italia – dispongono di almeno uno dei cento e passa modelli di telefono cellulare lanciati ogni anno sul mercato. E siamo consapevoli (55%) di avere una miniera di cellulari nel cassetto o in soffitta. Non li buttiamo, li accumuliamo per ricordo oppure per tenerli di scorta o perché non sappiamo come smaltirli. Solo il 15% (indagine della francese CertiDeal, specializzata in device elettronici portati a nuova vita) se ne disfa regalandoli a parenti o amici. Il 9% li rivende. Nel solo 2022 abbiamo accumulato 5 miliardi di cellulari dei 16 venduti e circolati. Una montagna alta 50 mila chilometri. Fare tech decluttering (fare pulizia) fa bene allo spirito e all’ambiente. Ci sono mezzi e strutture per farlo: i depositi comunali Raee, per cominciare, ma anche i negozi di prodotti elettronici, obbligati per legge a riceverli.
Anche perché, acquistare un cellulare ricondizionato, conviene non solo all’ambiente, ma anche alla tasca. “Uno smartphone ricondizionato – spiega il sito di Back Market, marketplace globale per questo genere di prodotti – utilizza il 91,3% in meno di materie prime, l’86,4% in meno di acqua, genera l’89% in meno di rifiuti elettronici e immette nell’atmosfera il 91% in meno di emissioni di carbonio rispetto a uno nuovo”. E se il nuovo smartphone ha una vita media di 4-5 anni, quello ricondizionato regge tranquillamente almeno 3 anni. È garantito almeno per un anno, programmi aggiornati, materiali praticamente nuovi. E costa almeno la metà. Pensiamoci. A maggior ragione se abbiamo a cuore il nostro mondo. Almeno per noi stessi. Agli altri, e a tutti, prova a pensarci Club a Impatto Zero del Lions Club Italia.